La Sentenza e la Soddisfazione degli Assolti

ISERNIA, 19 Giugno 2025 – Si è concluso con l'assoluzione un processo durato cinque anni che ha visto protagonisti due cittadini di Venafro, accusati del reato di diffamazione aggravata a mezzo social ai danni di un amministratore del Comune. La sentenza è stata emessa oggi dal Tribunale di Isernia, mettendo fine a una vicenda giudiziaria che ha suscitato notevole interesse.
Il capo d'imputazione, come riportato nelle carte processuali, contestava ai due imputati la pubblicazione, su Facebook, di commenti critici e ironici riferiti all'operato dell'amministratore comunale. In particolare, le critiche riguardavano la gestione dell'articolo 12 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano Regolatore Generale di Venafro, una questione tornata di attualità in questi giorni, riempiendo le pagine dei giornali locali e attirando l'attenzione delle istituzioni regionali.
Oggi, al termine di un processo lungo e articolato, il giudice monocratico ha riconosciuto l'infondatezza delle accuse. "Siamo finalmente usciti da un tunnel durato cinque anni – hanno dichiarato a caldo i due imputati, visibilmente commossi – È stato un percorso difficile, in cui ci siamo trovati a dover difendere la nostra dignità, senza aver mai commesso alcun reato. Oggi abbiamo ricevuto giustizia."
A difenderli è stato l'avvocato Gianluca Giammatteo, del Foro di Isernia, che ha condotto l'intero iter processuale fin dalle prime fasi. "Sono molto soddisfatto della sentenza – ha dichiarato il legale – I miei assistiti hanno sempre mantenuto un comportamento corretto, coerente e rispettoso del processo. Non si sono mai sottratti, hanno affrontato ogni fase con lucidità e senso civico, e per questo li ringrazio anche personalmente per la fiducia che hanno riposto in me in questi cinque lunghi anni."
Durante il dibattimento, è emerso che i post in questione rientravano in un'ipotesi non configurante reato, anche grazie alle testimonianze di numerosi tecnici, urbanisti e dirigenti amministrativi ascoltati in aula. La difesa, come strategia processuale, ha insistito sulla scriminante del diritto di critica e ha ritenuto insussistente l'elemento soggettivo del dolo, elemento essenziale per la configurazione del reato.
La sentenza ribadisce l'importanza del diritto di critica, anche sui social media, purché esercitato nei limiti della correttezza e senza intenti diffamatori.